Gran Sasso – Meridionalizziamoci
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Finalmente ce l’abbiamo fatta. Siamo andati sul Gran Sasso.
Era rimasto un sogno nel cassetto, un progetto scritto su un foglio e mai spuntato, ormai dall’autunno 2020. Eravamo pronti a partire ma poi l’abbassamento repentino delle temperature ci aveva fatto desistere.
Ed eccoci qui, che nel luglio di 3 anni dopo possiamo finalmente caricare la macchina e digitare “Gran Sasso” sul navigatore. Si, Gran Sasso. Primo grande errore perché la navigazione ci porta alla base degli impianti di Campo Imperatore. Un campanello d’allarme mi suona subito in testa, mi sembra di aver visto che il traforo non si dovesse attraversare. Ma ormai è già tardi, siamo già di la, nel versante sbagliato e ad un’altra ora di macchina da Prati di Tivo, la nostra “vera” meta.
Partiamo gasati con un obiettivo ambizioso di salire due vie al giorno, tanto le vie sulle due prime spalle, nel versante sud, non sono mai di una eccessiva lunghezza. Veniamo però subito bloccati dal meteo, che ci regala un bel temporale estivo nel primo giorno.
Usciamo per fare una corsa e rimaniamo incantati dalla compattezza della roccia. Un grigio intenso, uniforme, talvolta pure liscio, o almeno così sembra osservandolo dalla base degli impianti. Sulle due spalle del Corno Piccolo ci sono un sacco di vie, alcune storiche, aperte dal gruppo alpinistico abruzzese degli Aquilotti, che precede i famosi Scoiattoli di Cortina ed i Ragni di Lecco.
Il giorno successivo attacchiamo la seconda spalla scegliendo proprio una delle tante vie aperta dagli Aquilotti, Aquilotti ’75. Capiamo subito com’è il taglio del prato su queste placche e ci rendiamo conto di come, a parità “numerica”, i gradi siano più severi rispetto alle Dolomiti. Nonostante ciò ci divertiamo, scaliamo al sole su roccia magnifica e su micro appigli. Qui più che fare trave serve una gran tecnica di piedi 😉
Desistiamo dal salire la seconda via di giornata, i miei piedi sono letteralmente scoppiati e voglio conservarli per domani.
La via che abbiamo scelto per il giorno successivo l’abbiamo decisa più ispirati dal suo nome che non dai commenti trovati nella relazioni. Ci piaceva l’idea di essere scesi più verso sud: dunque “Meridionalizziamoci”. Una via gradata massimo 6a+, di stampo più moderno che classico, a detta del libro, e con soste attrezzate.
Partiamo in una bellissima giornata dal cielo terso. La parete nord della prima spalla, su cui corre Meridionalizziamoci, è ancora in ombra. Io batto i denti per tutto il primo tiro, fino a che la placca del secondo non mi da una bella sveglia. Piedi da spalmare su cose minuscole e via che andare. Mi giro verso Marco per complimentarmi con lui con lo sguardo. Da primi è tutto un altro sapore, soprattutto una volta scoperto che di moderno questa via ha ben poco (5 spit in 9 tiri) e placche non sempre proteggibili.
Fino alla grande cengia procede tutto per il meglio bensì leggendo i gradi ci aspettassimo che la via fosse più plaisir, ma va bene così! La parte superiore ci mette subito sull’attenti. Il secondo tiro è il tiro chiave, 35 metri di placca su roccia magnifica, e anche magnificamente liscia, per i miei gusti 😉 Marco sale leggero e attento questa lunghezza. Dei 5 spit della via 2 sono in questo tiro. Le nuvole vanno e vengono appiattendo o accentuando i piccoli segni ed i pochi buchi della placca di questa lunghezza. A me si secca la gola a fare sicura a Marco, ho davanti ai miei occhi lo slego di 10 metri che deve affrontare. Arrivata in sosta mi rendo davvero conto della delicatezza dei passaggi. Bravo lui!
Dopo questo tiro, che ci ha fatto uscire, e per fortuna anche rientrare, più volte dalla nostra comfort zone, decidiamo finire percorrendo le ultime due lunghezze della via “Spigolo delle guide”, che si interseca con la nostra.
Tiro un respiro di sollievo, e forse per la prima volta sono felice di fare un camino anziché un’altra placca 😉
Continuiamo a salire percorrendo in conserva le roccette che ci portano sul ciglio della cresta della Prima Spalla, fino ad incontrare la via normale, che ci porterà sulla cima del Corno Piccolo.
Dalla parete est salgono delle nuvole che sembrano un lenzuolo che continua a svolazzare sui prati sottostanti. Si vede il lago di Campotosto a ovest ed il mare a est. Uno spettacolo.
Ci mangiamo un bel panino con il formaggio prima di percorre a ritroso la ferrata dei danesi. La via non sarà stata lunghissima ma con questo giro ad anello nel complesso ne è uscito un giornatone! Anche la ferrata è bellissima. Alla sua base troviamo un camoscio dell’Appennino. Si vede che siamo in un parco naturale perché da noi non si sarebbero mai avvicinati così tanto. Raggiungiamo il rifugio Fracchetti, completamente immerso nelle nuvole che da sopra ci piacevano così tanto.
Scendiamo a piedi fino a Prati di Tivo, ormai l’unico pensiero è rivolto alla pasta al pomodoro che ci attende. Tra me e me so che la soddisfazione di questa via non è immediata, come invece lo è stato altre volte. Arriverà il giorno dopo, riguardando le foto e rivivendo le emozioni delle placche, della roccia super compatta e sì, anche della lunghezza tra alcune protezioni!
Gran sasso, sei fighissimo, ma la prossima volta magari veniamo a trovarti a fine stagione, e con un po’ più di placchismo nelle corde. Nel frattempo però possiamo dirlo, ci siamo Meridionalizzati tutti!
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