Pirenei climbing trip

Se dicessimo che sognavamo da tempo di andare nei Pirenei, mentiremmo.
Non avevamo le idee chiare su come sfruttare questi primi dieci giorni di luglio. All’inizio pensavamo ai Picos de Europa, ma poi, per vari motivi, abbiamo cambiato rotta. Dunque perché non fermarsi un po’ prima e scoprire i Pirenei? 

A me, alla parola “Pirenei”, viene in mente una vecchia canzone che mi cantava mia nonna:
“Signorina Macabei venga fuori dica lei… dove sono i Pirenei? Professore, io non lo so, lo dica lei… ♪♩♬” 

E noi? In quali Pirenei andiamo? Quelli spagnoli o quelli francesi? Chiediamo a due amici spagnoli info su luoghi iconici, non solo belli per la scalata ma significativi per storia e paesaggio. Risultato? Confusione totale. Tutto sembra stupendo… e distante. Vorremmo vederli tutti, ovviamente 😉 Partiamo senza un piano preciso. Il Caddy è pieno per ogni evenienza. Cambiamo idea un’infinità di volte.
Alla fine, la prima meta è la Valle de Tena, per salire sulla Peña Foratata, al confine con la Francia. Una via plaisir, “Val de Tena”, su calcare compatto. Partiamo presto. Siamo a quasi 2000 m, ma l’ondata di caldo africano si fa sentire.
Il sole ci accompagna per tutti i 9 tiri, ma un po’ d’aria rende il tutto sopportabile.
Alle spalle, due laghi creano un contrasto bellissimo col verde dei pendii. Non conosciamo nessuna delle montagne intorno: tutto è nuovo.
La via è un V con un tiro di 6b, niente di estremo, ma l’abbiamo fatta tutta in alternato, e per me è già una grande soddisfazione!

Torniamo in paese e la prima cosa che cerchiamo è un posto dove bere qualcosa, un cin in onore della prima via sui Pirenei è d’obbligo, insieme alla tipica tortilla.

Ci spostiamo in direzione di Torla/Ordesa, un altro posto che ci hanno decantato come bellissimo. Siamo super curiosi. Decidiamo di stare in campeggio, così diamo un senso alla mega tenda che ho fatto caricare a Marco 😉 tra l’altro, manna dal cielo, vista tutta la pioggia che ci siamo beccati nel pomeriggio! Ma riparati e comodi all’interno del nostro piccolo rifugio stiamo da dio.

Prima di partire abbiamo comprato un libro dal titolo “le 100 più belle vie dei Pirenei”, e sulla sua copertina c’era una foto di una via con delle cannelure giganti. L’immagine attira subito l’attenzione di Marco (anche perché chi le ha mai viste delle cannelure così??) e la mettiamo nelle vie da fare assolutamente in zona Ordesa. Leggendo il libro, ahimè in francese (e io non parlo francese), avevamo colto qualcosa del tipo che l’avvicinamento fosse lungo, ma di base abbiamo poi scoperto che non avevamo capito un tubo.

Una serie di misunderstanding ci porta a prendere il primo bus alle 6 del mattino, che dovrebbe, secondo noi, portarci nella valle del Bujaruelo. Peccato che una volta sul bus scopriamo che questo non solo non si sarebbe fermato dove avremmo voluto, ma che non sarebbe proprio entrato in quella vallata. Ma qui compare Miguel, un ragazzo spagnolo che ci vede e dopo forse neanche 100 metri da dove ci ha lasciato il bus ci carica nella sua macchina e ci lascerà all’attacco, questa volta quello giusto, del nostro sentiero! Due ore di cammino ci separano dalla parete. La intravediamo dopo la prima metà del ripido avvicinamento che ci porterà alla sua base. Appena arriviamo lì sotto siamo stupefatti dallo spettacolo unico che abbiamo davanti. Una parete solo di cannelure in mezzo a cime di roccia completamente diversa, sia come compattezza, che colore. Facciamo la seconda colazione e ci prepariamo. Io ho completamente sbagliato scarpette, invece che portare le comodissime TC Pro non so cosa mi è saltato in testa di portare le scarpette precise e ad incastrare il piede dentro ste cannelure fa un bel male. Scelte sbagliate a parte, Marco sale veloce, nonostante mettere delle protezioni in queste fessure svase sia abbastanza complicato. I tre tiri di cannelure sono uno più bello dell’altro, unici nel loro genere e mega affascinanti. Siamo immersi in una mare di rigole. In quella centrale ci si entra fino a metà tibia in alcuni punti. Sopra le nostre teste contiamo 7 grifoni. Usciamo sui prati sommitali e solo allora ci rendiamo conto di cosa abbiamo alle nostre spalle. Tutto il vallone di Ordesa si lascia ammirare da un punto di vista che sfida quello del più quotato “mirador”. Scattiamo foto da una parte all’altra. Vediamo ancora quei curiosi prati gialli. Mentre scendiamo verso valle scacciamo il pensiero di dover arrivare in fondo alla forestale. Baciati dalla fortuna, due gentilissimi signori di Valencia ci raccattano quasi subito, e dopo averli ringraziati, anche a nome delle nostre gambe, ci salutano con una bella risata!

Siamo ancora nel camping Rio Ara. Vogliamo fare una via dentro nella valle di Ordesa, sul famoso Tozal de Mallo, dove è stata aperta la prima via della zona ad opera di Ravier nel 1957. Puntiamo proprio quella, anche se siamo un po’ preoccupati per le temperature perché la via è esposta a sud. Decidiamo di farla domenica in quanto le temperature hanno iniziato ad abbassarsi leggermente e soprattutto le previsioni danno cielo coperto. Riprendiamo il bus alle 6 de mattino, questa volta per la vallata giusta 😉 e ci dirigiamo verso il Tozal. La sua forma è unica, una scudo verticale che emerge nella sezione inferiore di questo massiccio. Ravaniamo leggermente a trovare l’attacco, in una ripida rampa erbosa con un albero caduto. Finalmente entriamo anche nel mezzo in una quelle macchie di fiori gialli, che scopriamo essere dei bassi cespugli dalle foglie pungenti. 

I primi 4 tiri della via li facciamo con le scarpe da approach, sono un po’ discontinui e con difficoltà contenute. Dal 5 tiro la pendenza della parete cambia e la roccia diventa molto buona ed abrasiva. Una sorpresa considerando le foto che avevamo visto online, che non rendono giustizia alla particolarità del posto. Avevamo letto che la via fosse abbastanza fisica e verticale, e così è. Il tiro chiave è il sesto, con un camino di 6b+ nel quale ho visto volare diversi draghi. All’inizio della via, per paura di dover scalare al sole, Marco mi aveva già avvisata: “oggi non pensare alla libera, se non passi tira e vai che dobbiamo uscire veloci da qui”. Detto fatto. Arrivo in sosta con evidenti segni di disagio di friend e rinvii ancora attaccati alla corda. Ma almeno sono stata relativamente veloce, come richiestomi 😉

Il tiro successivo al tiro chiave è un bellissimo 6a+, ma come diceva una relazione spagnola, “joder con los quintos”. La via non molla fino alla fine, una serie di lunghi tiri verticali a tratti strapiombanti ci porta fino sotto al camino dell’ultima lunghezza. Un viaggio bellissimo e incredibile pensare che questa linea sia stata aperta più di 60 anni fa. Lungo i tiri ci sono un sacco di vecchi chiodi ma la via è comunque interamente da proteggere. Marco scala veloce ed in 5 ore siamo in cima. Avevamo paura del caldo e abbiamo finito scalando con la felpa!

Sicuramente la via più di soddisfazione fatta in questo viaggio e forse anche la più verticale di sempre. 

Con questa lasciamo felici Ordesa per dirigerci verso i Pirenei francesi. Avevamo varie opzioni in mente e alla fine abbiamo deciso di andare nella Valle de la Glere, per scalare sul Grand Pic de Espade, un pinnacolo di granito situato in un posto bucolico. Laghetti di montagna dall’acqua cristallina, sentieri poco visibili e tanta roccia intorno a noi. Il caldo che ci ha accompagnati fino a due giorni fa sembra essersene andato sbattendo la porta dietro di se. Ci svegliamo la mattina con la macchina che segna 4 gradi. Partiamo camminando con il piumino praticamente fino a che il sole non ci raggiunge. Dopo 3h 15 (anche qui, avvicinamento leggermente sottovalutato), siamo alla base della della via. Il sole lì è arrivato da poco e la temperatura è ben lontana da quella dei primi giorni. La via è bellissima. Sebbene i gradi dovrebbero essere, almeno sulla carta, del tutto plaisir, la via mi impegna abbastanza. Piedi in spalmo, traversi delicati, dulfer, un diedrino strapiombante. In 200 metri per 6 tiri su granito c’è di tutto in questa “Les malheurs de Pikachu”. Il tiro più estetico è il terzo, un lungo traverso su una venatura di quarzo, che dalla sosta sotto sembrava una passeggiata di salute, ma alla fine si è rivelata più delicata del previsto! Alle nostre spalle forse il luogo più bello che abbiamo visto ad oggi. Anche solo per l’ambiente vale la pena di salire fino a qui.

Quella che doveva essere una giornata relativamente easy ci ha visto tornare alla macchina alle 8 di sera! La pasta al pomodoro cucinata tra le portiere del caddy sale sul podio come una tra le più buone di sempre condita anche con un po’ di stanchezza per i km camminati, un briciolo di soddisfazione per aver scelto un bel posto ed una bellissima via, nonché una bella manciata di gratitudine per poter vivere e saper apprezzare questi momenti. 

Siamo consapevoli che quella di oggi sarebbe stata l’ultima via di questo viaggio. Abbiamo ancora una giornata a disposizione ma abbiamo deciso di investirla diversamente. La base di partenza per la via sul pic de Espade si trova proprio lungo la salita del Col du Tourmalet, una delle salite storiche del Tour de France, che passerà qui tra una decina giorni. Facciamo una breve ricerca e ci troviamo a Luz Saint Saveur a noleggiare due bici. Partiamo da qui. 

Marco dice che la salita più classica è da Sainte Marie de Campan ma poco male. Prima pedalata della stagione con la bici da strada. Io punto tutto sul fattore freschezza..e su un ristoro in cima! Anche qui, baguette al formaggio (+burro) più buona di sempre. E mentre io mi gusto la salita appena fatta marco è già pronto per scendere verso sainte Marie e farla dall’altro lato. Io scendo solo per pochi km, poi decido di tornare sui miei passi ed “accontentarmi” di una sola parte. Non c’è una nuvola in cielo ed aspetto marco vicino ad alcune mucche che prendono il sole beate a qualche tornante dalla cima. Ho tempo di rivivere mentalmente ogni singola giornata di questa avventura. Penso da dove siamo partiti, ai sentieri camminati, ai panorami osservati all’orizzonte. Le notti nel caddy e le sveglie prima dell’alba. I bagni nel fiume e le cene sul fornelletto. Fare lo zaino e legarsi insieme. Grandi emozioni da piccole cose. 

In cima, per la seconda volta, attacchiamo un nostro adesivo sul cartello e uno di Diuz. Anche lui era con noi sul Tourmalet oggi. 

Se questa è stata la prima volta nei Pirenei siamo abbastanza convinti che però non sarà l’ultima. Ci sono ancora tanti posti da vedere e pareti da scalare che sono rimasti sulla lista senza una spunta. Hasta pronto Pirineos!

3 comments
  1. Ciao Alice.
    Mi fa un certa illusione leggere di queste vie fatte da italiani perché di alpinisti italiano che vivono nei Pirenie si contano sulle dita di 1 mano.
    Avete fatto alcune classiche dei Pirenie molto belle, ma ce ne sono molte altre, come il Midi d’Ossau. Per l’autunno/inverno c’è Montrebei. La prossima volta che passate di qui scrivetemi pure per consigli. Io vivo in uno dei 20 piu bei paeselli di Spagna giusto in mezzo ai Pirenei. Una buona base per molte avventure. Un saludo

    • Ciao Matteo e grazie mille per il tuo commento! I Pirenei ci sono piaciuti tantissimo e sicuramente ci piacerebbe tornare! Il Midi D’Ossau lo avevamo addocchiato ma ahimè non avevamo tempo a sufficienza! La prossima volta saremo felici di chiederti dei consigli! Grazie ancora, un caro saluto da parte di entrambi!

  2. Ciao ragazzi,

    non so se avete fatto dei video in questa vs avventura, ma un video sul tubo ci starebbe benissimo.

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