Sardegna Climbing Trip

Preparare la macchina con la consapevolezza che andremo a fare delle vie insieme. Corde, rinvii, friend, diversi paia di scarpette, libri delle vie lunghe e delle falesie. Torniamo ad Avventurarci tutti!

Eh già! E questa sensazione con un misto di eccitamento ed agitazione l’avevo provata già due mesi fa, prima partire per la Norvegia e per la Turchia con gli sci nella sacca. Sì, cose che ho imparato a non dare per scontato e ad apprezzare ancora di più.

Abbiamo un po’ di tempo prima dell’inizio del Selvaggio Blu e abbiamo deciso di spendere qualche giorno nel nord della Sardegna per fare qualche via lunga sul granito. In pratica abbiamo ricominciato da dove avevamo lasciato: dal granito e le placche della Corsica con il suo “Le Dos de l’Elefant” alla Sardegna con il granito di Capo Testa e dell’affascinante Valle della Luna.

C’è un motivo dietro a questa pausa forzata di più di un anno e mezzo, e la causa è un brutto incidente che ho avuto a fine dicembre 2023 mentre lavoravo sulle piste da sci. Uno sciatore con cui stavo scattando è caduto e con le sue lamine mi ha tagliato tutta la gamba fino al femore: tagliato tutto il vasto laterale, tranciato il collaterale laterale, rotta la testa del perone e, cosa peggiore, tagliato anche il nervo sciatico popliteo esterno. È stato un periodo lungo e pesante, soprattutto mentalmente, perché sono stata privata nel giro di una frazione di secondo, di passioni e lavoro. Ora a distanza di quasi un anno e mezzo posso dire di aver ripreso in mano la mia vita, anche se la gamba non funziona ancora al 100%. Non so se tornerà mai come prima, ma di certo posso dire che la forza mentale e la determinazione sono state le cure migliori che potessi avere. Insieme al sostegno di Marco, che si è sorbito un’anima in pena per molto tempo.

Sono stati momenti difficili ma che mi hanno fatto rendere conto ancora di più di come la strada su cui stavo camminando fosse quella giusta per me. Nessun cambio di direzione, solo voglia di tornare a correrci sopra. 

Fatta questa piccola premessa, ora capite l’agitazione nel tornare ad essere legati in cordata insieme, nell’esplorare posti nuovi e andare all’avventura. 

Il nord della Sardegna è ben diverso dalla zona del Supramonte a cui siamo più abituati, ma non per questo meno bello. Grossi pinnacoli di granito e tafoni ne riempiono l’orizzonte. Godiamo del tramonto, della sua luce calda e delle ombre lunghe nella valle della Luna, mentre ci gustiamo in silenzio il panorama nel sentiero di rientro verso la macchina. Abbiamo risalito la via “Il Greco”, l’unica via spittata della parete dove abbiamo scalato. Una spittatura degna proprio dei ricordi della corsica, un po’ come delle sue placche 😉 Un selfie in cima, per immortalare questo momento tanto semplice ma significativo. Ghisati non ci siamo ghisati, visto che per le mani non c’era mai niente da stringere. L’uso della magnesite era puramente psicologico e/o dettato da un tic abitudinario! Decisamente una via di soddisfazione (mentale) ed esteticamente bellissima. I fitti e spesso pungenti cespugli alla sua base dall’alto sembrano un morbido velluto che forma una cromia perfetta con il delicato grigio del granito, ed il blu inteso del mare. 

Dal nord prima di arrivare a Santa Maria Navarrese, dove faremo base, ci fermiamo nei pressi di Cala Gonone per andare a fare la via “Zanahoria”, alla parete dei Bidiriscottai. 4 tiri di cui i più affascinanti sono il secondo ed il terzo dove si passa dentro due camini giganteschi per uscire poi, due tiri più in su, su un terrazzino con vista su tutta la parete est della costa e su cala Gonone. Si parte poco più a sud del grottone di Millennium, un luogo a noi nuovo. Davanti a noi ci sono già tre cordate, due alla base ed una sul secondo tiro, ossia il primo nel camino. Ed è qui che parte il secondo cit. del viaggio. La cordata è una coppia e la ragazza è impegnata, da un po’, all’interno di questa lunghezza. Probabilmente stava vedendo un po’ di draghi dentro al camino. In più, il passo d’uscita per raggiungere la sosta non è proprio banale. Il tempo passava e ad un certo punto il suo ragazzo, notando le cordate ferme alla base, le urla: “Michela, o vai su, o torni giù, che qui c’è la fila”. Michela è salita, il “traffico” si è defluito e anche noi siamo riusciti ad entrare in questi giganteschi pertugi. La via, vale la pena solo per questi!

Dico il secondo cit. perché il primo ce lo siamo beccato (o anzi gustato), Marco ed io il giorno prima, camminando per la zona di San Pantaleo, con l’idea che ahimè, abbiamo poi abbandonato, di andare a fare una via (ma torneremo), dove un signore in paese ci ha insultati dicendo che “se ci vedono attaccati alle funi ci denunciano, Facebook non è Google”. Così a caso, e viva la fantasia!

Da Cala Gonone ci spostiamo a Santa Maria Navarrese. Un posto che sento ormai vicino e la cui energia mi da sempre tanta gioia. Al tipico appuntamento quotidiano da Mastro Gelataio, perché si sa, un gelato al giorno toglie il medico di torno (e se due, ancora meglio!), troviamo Matteo, un ragazzo che ha fatto un’uscita quest’inverno con Marco e che ci racconta della sua avventura su Punta Cusidore. Dopo le sue parole siamo ancora più gasati per andare a fare lo spigolo N/W ed ecco che buttiamo i sacchi a pelo nel mitico Caddy e ci dirigiamo verso Oliena. Dormiamo lì, pronti per attaccare con le prime luci del mattino. La salita che porta all’attacco la conosciamo, è la stessa che abbiamo fatto durante l’Oliena Sky trail l’autunno precedente, solo che li eravamo “a testa bassa” 😉

Attacchiamo verso le 8 e, dopo pochi ma lunghi tiri su roccia stupenda ci ritroviamo presto in cima al primo pilastro. Qui io rallento un pelino, con i tratti in cresta l’amore è ancora precario e lunatico, dipende dalle giornate! La via è bellissima e divertente. Unici tiri più delicati, almeno per me, i camini, che non ho ancora capito come vadano affrontati, e forse non lo capirò mai. I tiri nella parte alta sono i più impegnativi ma comunque sempre piacevoli e su roccia ottima. Una via classica, di stampo dolomitico, ma nel cuore della Sardegna. Dalla cima scendiamo a piedi fino al barracu che segnava il cambio direzione in gara. Il sole scalda e siamo felici della scelta di essere partiti presto per averla fatta tutta all’ombra. È maggio, ma il sole sardo fa comunque sentire la sua presenza.

In programma abbiamo ancora tre vie, sue tre aguglie/punte piuttosto famose.

Dall’avvicinamento e la lunga discesa di punta Cusidore passiamo a Pedra Longa, dove l’avvicinamento è pressoché inesistente e la discesa irrisoria. Ciò che però fa la differenza qui è il famoso traverso di 6b+ di “Cromosomi Corsari”. Ma sarà la vicinanza del mare o la gioia di tornare a fare vie, sono felicissima di farlo! Alle 7.45 siamo già alla base della via, legati e pronti a partire, dopo essere riusciti anche a comprare mezza forma di pecorino da un pastore al parcheggio. Marco arrampica veloce e in un attimo siamo al traverso. Estetico? Totale!! Aria sotto al culo? Anche! Ma sotto c’è il mare, quindi forse fa meno impressione?! Il traverso seppur esposto è ben ammanigliato mi diverto nel farlo. Ok, il sorriso è un pelo tirato, ma è pur sempre un sorriso! Di tutta la via alla fine il tiro che abbiamo trovato più delicato è l’uscita in placca sull’ultimo 6b, dove il passo è obbligato e su tacchette piccole. Detto questo, Pedra Longa mi piace, le sue vie sono divertenti e appena finisci c’è sempre il tempo per qualche pallina di gelato ed un tuffo al mare. 

Dopo la via su Pedra Longa ci prendiamo qualche giorno “forzato di pausa” perché inizia un altro giro sul Selvaggio Blu. Ormai sono 4 anni che percorriamo i suoi sentieri ed è sempre affascinante come la prima volta. Varianti, nuove calate, cenge esposte, risvegli con il sole che sorge e notti sotto le stelle sono gli ingredienti magici che fanno sì che ogni volta questa avventura sia bellissima. In più vedere il sorriso e il divertimento sul volto dei ragazzi che accompagniamo è di grande soddisfazione. Si parte sconosciuti ma si torna con un legame nuovo. Magari ci si ritrova per altre avventure negli anni successivi, con altri ragazzi che come loro, ma in tempi diversi, hanno fatto il selvaggio, ma con un minimo comune denominatore che è “avventuriamocitutti”.

Anche questa volta è andata benissimo, il gruppo si è rivelato stupendo, tutti viaggiavano come dei treni, e Marco, sempre per il suo divertimento (come dice lui ;)) è riuscito ad aggiungere tutte le deviazioni del caso 😉

Riposti casse, fornelletti e sacchi a pelo riprendiamo in mano il nostro obiettivo arrampicatorio. Una giornata in falesia per vedere se la pelle si è riformata o meno in 5 giorni di pausa e siamo pronti per salire su punta Caroddi attraverso la via “il soffio del Baco”. La via si trova sulla parete W dell’aguglia, nella parte con roccia arancione e strampiombante. I primi due tiri sono piuttosto fisici e decidiamo di portare con noi un cordino da recupero in modo che anch’io possa scalare senza zaino. Partiamo presto al mattino, forse troppo presto, perché i primi due tiri, verso la vegetazione, sono umidissimi. E tra inclinazione e umidità lo schiaffo della sveglia arriva subito! I tiri però sono bellissimi, non proprio il nostro stile ma di grande soddisfazione. Appena arriviamo alla sosta del 6c+ (da noi percepito come 7a) il colore della roccia cambia, diventando grigia su una bella parete verticale. Gli ultimi tre tiri sono più di placca su roccia ottima. Sulla via siamo soli e, grazie al giusto timing (in questo caso dato esclusivamente dal fattore C), siamo soli anche in cima. È la seconda volta che salgo quassù ed è sempre emozionante. Piccole guglie minori e la figlia di guglia si stagliano verso sud mentre a nord si cela l’invisibile “sentiero” che porta verso la ferrata. Ci caliamo a sud ed in poco tempo siamo in spiaggia. La spensieratezza delle giornata sarde mi da dipendenza.

Ci rimane una via da spuntare sulla nostra lista, che abbiamo tenuto come ciliegina sulla torta, sia per il suo impegno complessivo sia per arrivare con la pelle (ed i piedi) preparati. La via è Mediterraneo alla punta Giradili. 8 tiri uno più bello dell’altro su roccia a gocce mega abrasiva che, se pensavi di avere un buon callo, puoi rimangiarti subito la tua convinzione. Il breve (per fortuna) traverso del penultimo tiro, è quello che da il colpo di grazia. Attacchiamo presto in una giornata che doveva promettere sole e nuvole ma ci troviamo immersi in una nebbia che sa più di dolomiti. Siamo soli in tutta la parete. Marco danza sui primi e delicati tiri, sembra non sentire la spittatura lunga 😉

Io arrivo gasata al 7a+ ma finisco per abbassare le orecchie dopo neanche metà tiro! Appena l’inclinazione aumenta il fondo schiena diventa più pesante hahaha

I tiri successivi sono forse i più estetici della via. Leggermente in traverso, regalano una finestra unica su Pedra Longa, tutta da conquistare 😉

Usciamo dalla via dopo meno di 5 ore e ci prendiamo il tempo di andare fino in cima a Giradili, sederci e guardarci intorno.

Qualche minuto per apprezzare il panorama e congratularci con noi stessi. Non diamo nulla per scontato. Essere tornati a scalare insieme. Volersi bene e condividere esperienze ed emozioni. Un momento di gratitudine per il punto a cui siamo arrivati, che non si identifica con la cima, bensì in ciò che abbiamo la consapevolezza che ci rende felici.

Vuoi fare il Selvaggio Blu con noi? unisciti a noi per la prossima avventura sarda, dal 12 al 17 settembre 2025. Mandaci una mail ad avventuriamocitutti@gmail.com e ti manderemo tutte le info.

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